LO STRETCHING

In questo articolo voglio parlarvi di Stretching e allungamento muscolare.

Per chi frequenta il mondo delle palestre e/o degli studi fisioterapici, Stretching è una parola non nuova, anzi è parte integrante della terapia di recupero muscolo-articolare, ma per tutti coloro che sono totalmente digiuni a riguardo occorre spendere un po’ di inchiostro e fare chiarezza.

Nello sport, in particolare, lo Stretching assume un’importanza basilare in quanto è proprio grazie a questo particolare sistema di allungamento/allenamento che il praticante raggiungerà la massima (ovviamente individuale) flessibilità muscolare.

Stretching è una parola inglese (dal verbo to stretch), il cui significato è “allungare, allungarsi, distendere (riferito ai muscoli)” e racchiude in sé una serie di esercizi derivanti da molte tecniche diverse. Il tipo più famoso (e forse più conosciuto da sportivi e non) è nato a metà Anni ’70 negli Stati Uniti grazie all’opera di Bob Anderson, il quale per primo raccolse in alcuni libri vari esercizi di allungamento e alcuni consigli utili per tutti coloro che desideravano migliorare la propria flessibilità. Gli esercizi di stretching sollecitano, oltre alle fibre muscolari, il tessuto connettivo (tendini, fasce ecc.) presente nella struttura contrattile. Il tessuto connettivo è estensibile (può essere allungato), ma se non viene regolarmente sollecitato con l’esercizio fisico, in breve tempo perde questa caratteristica essenziale.

Dando per scontato che i muscoli compiono la loro azione allungandosi e accorciandosi, ognuno di essi ha una sua controparte esattamente complementare. Ad esempio, quando contraiamo un flessore, come può essere il bicipite brachiale, il suo corrispondente estensore, il tricipite, si distende. Ebbene, il principale effetto degli esercizi di allungamento è quello di controbilanciare l’azione di tonificazione prodotta dalla contrazione, in modo tale da riuscire, contemporaneamente, a proteggere tessuto muscolare e connettivo da eventuali danni causati da una eventuale eccessiva stimolazione. Tutto ciò avviene attraverso una serie di complessi meccanismi di ‘controllo’, affidati ai fusi neuromuscolari (posti nelle fibre muscolari e registrano i cambiamenti di tensione delle fibre, dando informazioni, durante la contrazione, sulla velocità e sull’ampiezza dello stiramento), agli organi muscolo tendinei del Golgi (i quali registrano la tensione tendinea e sono posti in serie lungo i tendini), ai mecanocettori (recettori articolari che inviano informazioni riguardo la posizione statico-dinamica e la coordinazione dei movimenti), ai corpuscoli del Ruffini (situati a livello delle capsule articolari e del tessuto connettivo, inviano informazioni sulla posizione statica dell’articolazione e sulle lente variazioni di posizione), ai corpuscoli del Pacini (presenti nelle articolazioni, nel tessuto periarticolare e nel periostio, agiscono a inizio e fine di ogni movimento informando il SNC sulla posizione raggiunta dall’articolazione e sulla velocità angolare).

Parlando di stretching è anche d’obbligo parlare della mobilità articolare (conosciuta anche come: articolarità, flessibilità, estensibilità, ecc.): è la capacità di compiere movimenti ampi ed al massimo della estensione fisiologica consentita dalle articolazioni.

Questa capacità è condizionata:

– dalla struttura ossea dell’articolazione;

– dalle sue componenti anatomiche e funzionali (grado di estensibilità dei legamenti, tendini e muscoli);

– dalla temperatura dell’ambiente;

– dal livello di riscaldamento del corpo.

È importante ricordare che le fibre muscolari si adattano rapidamente a qualsiasi situazione.

Perché si pratica lo stretching?

Lo stretching deve essere parte integrante di qualunque allenamento, se non costituire un allenamento specifico a sé stante. Questa pratica non genera benefici solo per quanto riguarda la pratica sportiva, ma migliora l’efficienza fisica generale.

La pratica regolare e costante dello stretching permette di ridurre le tensioni muscolari, di prevenire e limitare i danni e i traumi all’apparato locomotore, di attenuare dolori e contratture muscolari. Tendini e muscoli acquistano flessibilità e migliora l’elasticità di queste strutture, e, di conseguenza, anche la capacità di movimento trae benefici. Se muscoli, tendini e movimento diventano più fluidi, la contrazione muscolare avviene con maggiore facilità e prontezza, sono facilitate sia la fase di riscaldamento sia la fase di recupero, la coordinazione e l’esecuzione tecnica diventano più economiche (ossia possono essere effettuate con un minor dispendio di energia) ed efficaci. I movimenti possono acquistare maggior ampiezza e maggior velocità. Se si pratica lo stretching alla fine di una prestazione sportiva o di un allenamento intenso, la sensazione di fatica diminuisce e aumenta la sensazione di benessere.

Lo stretching migliora la salute delle articolazioni: mantenendo muscoli e tendini elastici, le articolazioni saranno più “libere” e l’incidenza di malattie degenerative a loro carico (pensiamo all’artrosi in primis) sarà ridotta notevolmente. Un’articolazione che si muove meglio e più liberamente sarà più sana e più lubrificata perché il liquido sinoviale prodotto dalla capsula articolare sarà più fluido e irrorerà meglio l’intera superficie articolare, evitando fenomeni di degenerazione della cartilagine e dell’articolazione. In tale quadro ottimale, le articolazioni si mantengono “giovani” più a lungo e la calcificazione del tessuto connettivo (fenomeno fisiologico che avviene in età avanzata) è rallentata.

A livello generale si notano miglioramenti nell’apparato circolatorio: in primis la pressione arteriosa diminuisce e la circolazione sanguigna migliora a livello globale.

È importante ricordare che qualsiasi sistema di stretching si stia attuando, la respirazione deve essere normale e tranquilla. Non bisogna mai trattenere il respiro durante un esercizio di allungamento. Lo scopo di una corretta respirazione è importante perché una buona ossigenazione attenua lo stato di tensione dell’atleta fino a portarlo ad uno stato di equilibrio delle sue funzioni fisiologiche e quindi anche del tono muscolare. La posizione deve permettere una corretta respirazione. Se la posizione mantiene il muscolo in un’eccessiva tensione è probabile che la respirazione diventi affannosa o difficoltosa, in questo caso è importante diminuire la tensione finché la respirazione non diventerà naturale. La concentrazione deve essere sia sulla respirazione, sia sull’esercizio che si sta attuando. Nelle più attuali ricerche si punta moltissimo all’abbinamento dei vari esercizi con gli atti respiratori, inspirando durante la fase di allungamento ed espirando quando il muscolo è sotto stretching. Questa tecnica è particolarmente efficace perché contribuisce a rilassare il corpo, ad aumentare il flusso sanguigno e aiutare a eliminare le scorie e i cataboliti che l’esercizio fisico ha prodotto.

Praticando regolarmente stretching e respirazione corretta, anche la capacità polmonare avrà benefici non trascurabili e aumenterà il suo valore rispetto alla condizione di inattività.

Ultimo ma non trascurabile aspetto della pratica dello stretching è il beneficio che questa pratica apporta al sistema nervoso: una migliore e maggiore consapevolezza del proprio corpo, unita a un più agevolato rilassamento generale, a una riduzione dello stress fisico e a una ritrovata sensazione di benessere e di calma.